Testimonianze del 25 aprile 1945
Il quartiere di Città Studi ha il suo cuore nella grande piazza quadrangolare Leonardo da Vinci dove si affaccia il Politecnico. Costruito all’indomani della fine della prima guerra mondiale e completato nel 1927 accoglieva, nel perimetro compreso tra via Bonardi, Ponzio, Celoria, Mangiagalli, Botticelli, Colombo e piazzale Gorini, i padiglioni delle varie facoltà scientifiche.
Spiccavano tra le diverse palazzine originali edifici a cupola e guglie che per il loro particolare carattere e con buona immaginazione, gli studenti battezzarono il Kremlino. E tale nome è rimasto sino a oggi.
Alle spalle dei numerosi edifici di facoltà si distendevano allora solo prati, orti e campetti da calcio, delimitati sul fondo da terrapieni ferroviari a segnalare un vero e proprio confine. Oggi in quel prati hanno sedi nuove facoltà, l’Istituto dei Tumori, l’Istituto Neurologico Besta, il nuovo Orto Botanico, le scuole Clericetti e Tiepolo, la storica Cascina Rosa finalmente ristrutturata il campo di atletica Giuriati, divenuto tristemente noto per l’esecuzione dei partigiani opera dei nazifascisti.
Il Politecnico doveva costituire il gotha della ricerca e della formazione scientifica in tutti i campi. Era un’università che accoglieva prevalentemente maschi. Dopo il 1938 erano solo cinque le studentesse iscritte, alle quali secondi gli ordinamenti fascisti si chiedeva un’integerrima condotta morale fuori e dentro casa. È noto che per il sistema pedagogico dottrinario fascista le donne erano idonee a fare le mogli, le mamme, le massaie e studiare economia domestica. Se poi alcune di loro si prestavano a fare da amanti al capo del fascismo o ai suoi gerarchi allora ricevevano una deroga al loro ruolo.
Anche il Politecnico ha una storia da raccontare. Con l’avvento del regime totalitario fu assimilato le direttive del fascismo. L’adesione dei docenti e degli studenti fu pressoché unanime, anche se al suo interno singole coscienze seppero tenere la schiena dritta. La quasi totalità dei docenti giurò fedeltà a Mussolini iscrivendosi al fascismo. Per garantirsi così docenza e stipendio. È utile ricordare che il principale promotore di tale giuramento fu il filosofo Giovanni Gentile e che su 1200 professori solo 12 si rifiutarono di giurare in tutta Italia.
Tra di essi va ricordato Giovanni Cervi, laureatosi al Politecnico di Milano, che nel 1933 fu costretto a lasciare l’insegnamento presso l’Università di Perugia per essersi rifiutato di aderire al Partito Nazionale Fascista. Costretto a lasciare l’università il professor Cervi troverà in seguito occupazione presso la fabbrica di aeroplani Caproni di Taliedo. Coerente con i suoi ideali di uomo libero organizza nello stabilimento di Taliedo gli scioperi della primavera e dell’autunno del 1943. Per queste ragioni nel novembre dello stesso anno viene arrestato e incarcerato a San vittore. Un mese dopo sarà vittima all’Arena Civica di rappresaglia terroristica per l’attentato al federale milanese Aldo Resega.
Al Politecnico solo il professore Henry Molinari non aderì al fascismo; a lui si aggiunsero in seguito alcuni assistenti, che pagarono il prezzo della dignità e della libertà con l’allontanamento dall’università.
Un’altra pagina nera per l’Ateneo milanese fu l’introduzione delle leggi razziali del ’38 e con esse l’inizio delle epurazioni dei docenti ebrei: la vittima più insigne fu il prof Mario Giacomo levi direttore dell’Istituto Chimico Industriale e della Sezione Combustibili. Ma altri lo seguirono. In totale furono 11 docenti ebrei allontanati dall’insegnamento: Mario Giacomo levi, Michelangelo Böhm, Igino Musatti, Bice Lippi, Renzo Volterra, Tullio Guido Levi, Oscar Hoffman, Guido Tedeschi, Giorgio Cavalieri, Vito Latis, Camillo Levi, mentre 17 furono quelli espulsi per motivi politici durante il corso della dittatura. Sorte amara toccò al professore di Termotecnica, Michelangelo Böhm, scomparso ad Auschwitz nel 1944, assieme alla moglie Margherita Luzzatto e al professor Camillo Levi.