Valparaíso

di Giulia Di Gregorio

15 aprile 2014

Sono a Valparaíso da due mesi in scambio per un semestre e ho già assistito a un terremoto, a un allarme tsunami e a un incendio. Il grande incendio a Valparaíso, una tragedia di portata internazionale, poiché la città é patrimonio dell’UNESCO.

Ieri abbiamo portato acqua e abbiamo aiutato la gente a ripulire dalle macerie quel posto che era la loro casa. È stato terribilmente intenso. Un sacco di giovani stanno portando aiuto e si lavora ancora per spegnere definitivamente i fuochi. La forma ad anfiteatro sul mare, le case in legno vicine e le colline ricche di vegetazione hanno fatto sì che l’incendio si propagasse in fretta. Ma la conformazione di Valparaíso e le sue case colorate, sono anche ciò che la rendono magica.

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Non esiste un’altra Valparaíso in tutto il Sud America e, in generale, nel mondo.

Non ero mai stata in Sud America e nemmeno ho girato il mondo intero, so solo che è impossibile non innamorarsi di questa città coloratissima, ricca di murales, eterogenea sia dal punto di vista architettonico che sociale. È un porto, è sporca e piena di cani randagi, che quando esco scendendo le escaleras (le scale), mi tengono compagnia finché non raggiungo gli amici pronti per carretare (fare festa, in particolare si tratta di bere più che di ballare, in ogni caso musica raeggeton). Sono un popolo di bevitori e artisti, parlano velocissimo.
È stato davvero difficile capirli all’inizio: inventano nuove parole nel corso della conversazione, mangiano tutte (e dico tutte!) le “s”, dicono “cachai?” come “capito?”, “po” come l’italiano “cioè” e tra amici si chiamano amichevolmente “weon” (parola non più amichevole se detta fra sconosciuti, che preferisco non tradurre). Per di più il cileno non ha doppi sensi, bensì tripli o quadrupli.

La gente è sincera e burlona, pronta ad aiutarti, ma anche a prendersi gioco di te con uno humour cinico che ha portato i cileni ad essere soprannominati “gli inglesi del Sud America”.
Il cielo qui, e ancora di più al Sud, in Patagonia, dove siamo stati settimana scorsa, sembra più profondo rispetto al cielo che ho sempre guardato in Europa. Di giorno é di un blu indescrivibile, di notte è pieno di stelle che sembrano tanto vicine da poterle toccare. Un altro colore che mi ha colpito molto qui è stato l’oceano “verde acqua” di Isla Negra, che ho potuto ammirare quando siamo andati a visitare la casa del poeta Pablo Neruda, seppellito lì dopo essere stato riportato a casa sua dopo la morte di Pinochet. Per quanto riguarda la Patagonia, nessuna macchina fotografica è riuscita a rendere i colori e i giochi di luce che ho potuto ammirare al parco di Torres del Paine.

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Due settimane fa, la “clase” di spagnolo si è interrotta per un sit-in violento fuori dall’università. Siamo scappati perché la facoltà stava chiudendo e uscendo dall’aula si vedeva nel cielo del fumo, per strada fuoco e ragazzi che raccoglievano pietre. Scappando con il “Micro” (pulmino), abbiamo incrociato tre camionette militari, che avrebbero poi risposto con acqua e lacrimogeni alla protesta. Di tutti gli studenti e amici che ho conosciuto (e alla facoltà di Diseño della Universidad de Valparaíso ci si conosce un po’ tutti) nessuno ha mai preso parte parte alle rivolte violente, anche se percepisco del malcontento generale rispetto alle rette elevate.

Insomma, qui è sempre un’avventura, non ci annoiamo mai e soprattutto le grandi emozioni ci stanno formando più di qualunque lezione all’università.

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Vado a dormire ora, da voi in Italia è l’alba, anche se io preferisco i tramonti, quindi vi lascio con questo verso di Pablo Neruda:
“Ho visto dalla mia finestra
la festa del tramonto sui monti lontani.
A volte, come una moneta
mi si accendeva un pezzo di sole tra le mani.”

Nos vemos!

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