#naovaitercopa

di Mik Cuccu

Brasile, terra di contrasti.
Tutti si preparano per l’evento calcistico dell’anno.
Fra poco più di un mese tutti gli occhi e le telecamere del mondo saranno puntati su questo paese, e l’attesa di squadre, tifosi e sponsor comincia ad essere palpabile. Gadget, promozioni e pubblicità parlano tutte della Copa, e il giallo, il verde e il blu brasiliani si spiaccicano su qualsiasi grafica.

Durante il mio intercambio Extra-UE a Curitiba, ho passato la settimana di Pasqua a Rio de Janeiro, il luogo simbolo di queste emozioni contrastanti.

Scorci bellissimi, dove la natura penetra la città e inebria con viste stupende come quella del Corcovado e il suo trenino, le fotografatissime scale di Lapa, le emozionanti spiagge e locali di Ipanema e Copacabana, Praia Vermelha, l’architettura coloniale del centro storico, la samba alla Pedra do Sal, i locali alternativi di Botafogo, i colori, gli odori. Basta abituarsi all’accoglienza un po’ stranita verso noi gringos, che sappiamo solo andare lì per qualche giorno, condividere selfie, comprare tutto quanto possibile e in ogni dove per poi ripartire dall’aeroporto Santos Dumont, con una bellissima vista di tutta la città all’alba.
I carioca lo sanno bene, e offrono qualsiasi opportunità per consumare. Ciò che non si può comprare, per ora, è il tramonto mozzafiato dall’Arpoador, da condividere con turisti di tutte le lingue, in silenzio, e illuminati solo dagli schermi dei propri smartphone. È come se buona parte del mondo intero in quel momento fosse lì, se non direttamente, attraverso i post di quelli che sono veramente lì, con la bocca aperta.

Tutto questo e molto altro è ciò che Rio può offrire, sempre a condizione che tu rimanga nel super controllato recinto dei gringo, dove tutto è patinato, perfetto, proprio come te lo aspettavi.

Ma bisogna essere veramente insensibili per non accorgersi di tutto il resto.

Di fianco ai condomini di lusso da milioni di dollari, proprio lì accanto alla tua caipirinha o al tuo mate gelado, dietro l’angolo del tuo fast food etnico preferito, c’è tutto un altro mondo che vive Rio ogni giorno da una prospettiva diversa. Un mondo inascoltato che sta cercando di farsi sentire.

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L’hashtag #naovaitercopa è il simbolo di questa protesta.

Pare che siano stati fatti tagli economici in molti settori, compreso quello della salute, per finalizzare i lavori di costruzione per la Copa do Mundo, poiché sono venuti a costare più del previsto (una storia che conosciamo bene anche noi).
Nel contempo, il 30% della popolazione brasiliana, secondo dati ONU, vive in condizioni precarie, in quelle che tutto il mondo chiama favelas. I gringo conoscono questo termine perché, se vogliono, possono partecipare al “Tour Alemão” per scattare in sicurezza una foto in mezzo a case precarie e occhi straniti: anche i problemi della città possono essere sfruttati in chiave turistica.

Basta perdersi un attimo come gli ingenui, tra Santa Teresa e il Corcovado, per sentire gli abitanti del posto avvisarti di non proseguire da solo perché è perigoso, e poi assistere alla lotta tra un ragazzino e una ragazza che vuole tenersi la sua borsa.
E quando sei lì ad abbronzarti sulla spiaggia, e due bambini di non più di 6 anni passano a venderti le gomme da masticare, capisci che questo posto è dannatamente assurdo.

Poi arriva l’ultimo giorno di vacanza. Solito giro di selfie turistici qua e là, temaki ad Ipanema, ed appuntamento con gli amici un po’ più tardi per l’ultimo saluto a Copacabana.
Proprio quella notte una mia amica mi invita a non muovermi da Botafogo, perché a Copacabana sta succedendo il “disastro”.
Succede che quando tiri un elastico prima o poi si spezza.
Succede che una manifestazione degli abitanti di Pavão-Pavãozinho si tramuta in uno scontro armato con la polizia.
Succede che alcuni ragazzi vengono uccisi, e se non fosse morto un ballerino della Globo (la rete nazionale), nessuno si sarebbe accorto di nulla. Qui la gente dice che queste cose succedono spesso, proprio come noi potremmo non scandalizzarci più dell’ultima indagine sul politichetto di turno.

Questo articolo non vuole essere una mera critica, né è mia intenzione fare l’opinionista – non ho gli strumenti né la conoscenza approfondita necessari – ma, caro gringo come me, concedimi per lo meno il lusso di informarti in merito all’altro lato di questo mondiale.

L’hashtag #naovaitercopa è un buon punto di partenza, prova a interpretare il portoghese dei post, cerca gli articoli in italiano, guarda i video e condividili, insomma, lava via un po’ di quella patina di “turbo/divertimento/tropicale” che è stata stesa sopra i problemi di questo paese, solo per aprire un po’ di più il tuo portafoglio.

Io non direi di boicottare il mondiale, vieni a sbatterci la faccia, vieni a provare con i tuoi occhi e le tue orecchie il buono e il cattivo tempo. Vieni a percepire con la tua sensibilità di uomo che questa protesta è una cosa lecita, spontanea, che è quanto di più vicino a una bassa provocazione possa esistere, per una persona che qui è nata e vive, e non viene solo a sfruttarne le bellezze per una settimana.

Quando passerai di qui con i tuoi occhiali luccicosi, sciarpe e magliette tricolore, ricordati di guardare in alto, verso i “muri”, perché è lì, dietro i riflessi del tuo bicchiere gelado, che ti accorgerai dei contrasti di questo paese.

Un abbraccio grande come il mondo.

06/05/2014

#douglasrafael
#therewillnotbeworldcup
#fifagohome
#sinaotiverdireitosnaovaitercopa

Fotografie di Elena Tecce

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