EDITORIALE
di Elisabetta Coppola
Nel 1987 la Commissione Mondiale su Ambiente e Sviluppo (World Commission on Environment and Development, WCED) presenta “Our Common Future” (più comunemente detto Rapporto Brundtland, dal nome del primo ministro norvegese Gro Harlem Brundtland che presiedeva la Commissione), rapporto commissionato dalle Nazioni Unite qualche anno prima con l’obiettivo di inquadrare in un’ottica di cooperazione internazionale il concetto di sviluppo sostenibile.
Il Rapporto Brundtland ha dato una definizione relativamente semplice di sostenibilità: lo sviluppo sostenibile per dirsi tale deve soddisfare i bisogni dell’attuale generazione senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri. Da questo momento il concetto dello sviluppo sostenibile si estende a due dimensioni inscindibili: a quella temporale, l’ereditarietà del patrimonio ambientale e la parità tra i diritti di due generazioni successive, si affianca una dimensione etica che include nella definizione (ancora attuale) i fondamenti dell’equità socio-economica e della giustizia sociale. Parliamo in sostanza delle “Tre E” della sostenibilità: Environment, Equity, Economic. Dal 1987 ad oggi i marchi e le certificazioni di sostenibilità si moltiplicano e si diffondono ad ogni ambito, dagli alimenti all’edilizia, dall’ industria tessile agli allevamenti, fino all’ecoristorazione. E dunque?
È lecito chiedersi quale sia l’impatto di tutte queste etichette sulla sensibilità del consumatore, ed è quello che si sono effettivamente chiesti i ricercatori dell’equipe di Klaus G. Grunert, docente dell’Università danese di Aarhus e coordinatore di uno studio pubblicato a febbraio sulla rivista Food Policy, dal titolo “Sustainability labels on food products: Consumer motivation, understanding and use”. L’analisi ha valutato il grado di motivazione, comprensione e utilizzo dei marchi di sostenibilità che accompagnano il consumatore nella selezione dei prodotti alimentari, schematizzando come in figura il rapporto tra i tre parametri. I dati sono stati raccolti on line attraverso un sondaggio che ha coinvolto 4400 persone tra Gran Bretagna, Francia, Germania, Spagna, Svezia e Polonia; ai candidati sono stati sottoposti a titolo di esempio quattro marchi: due a carattere ambientale (Rainforest Alliance e Carbon Footprint) e altri due a carattere etico (Fair Trade, Animal Welfare). Sintetizzando barbaramente il risultato dello studio: gli intervistati sono potenzialmente ottimi filosofi dello sviluppo sostenibile in chiave ambientale, ma l’intuizione generale è ben lontana dalla concretezza dell’uso quotidiano, nonostante la chiarezza del significato dei marchi di sostenibilità.
Alle domande che richiedevano di individuare in generale i fattori di interesse per la valutazione del grado di sostenibilità di un prodotto alimentare gli intervistati hanno dato risposte corrette e condivise (ad esempio la gestione responsabile delle risorse idriche e del terreno agricolo), ma andando a valutare nello specifico l’ impatto su prodotti d’uso comune (cioccolato, caffè, cereali per la colazione, bevande) una buona parte degli stessi intervistati non riesce rispondere e seleziona l’opzione ‘’I don’t know’’.
Altra considerazione non meno grave riguarda l’individuazione di una componente etica nella valutazione del grado di sostenibilità: sfruttamento del lavoro minorile, condizioni dei lavoratori, fabbisogno alimentare mondiale… Tra le risposte proposte, quelle relative alla dimensione etica della sostenibilità risultano selezionate con una frequenza inferiore, così come i marchi di sostenibilità etica risultano in generale meno riconoscibili di quelli a carattere ambientale: soltanto chi conosceva già l’etichetta Fair Trade ha risposto correttamente alle relative domande; leggermente più promettente il risultato dell’Animal Welfare, ma sempre inferiore rispetto agli altri due marchi.
“Non esiste razionalità senza senso comune e concretezza’’, scriveva Pasolini quarant’anni fa.
Il numero #44 del Lanterna abbraccia la causa della sostenibilità, con l’obiettivo di offrire ai suoi lettori alcuni stimoli in più ad una comprensione ed una sensibilità sempre più attive sul tema.